Siamo tornati. Dopo tanto tempo e tante fatiche siamo tornati. Ma nel frattempo, forse, siamo sempre stati qui. Avrei voluto annunciare tra squilli di trombe ed enfasi da radiocronista calcistico questo nostro ritorno. Ma noi siamo qui. Ancora qui. Mentre Andrea Blasina, Mauro Piredda e Leonardo Sole non ci sono più. Cose che succedono quando si tace per troppo tempo. SassariCity torna con nuovi collaboratori, nuove rubriche, una nuova forma; e la stessa sostanza. Continueremo a informarvi su ciò che accade a Sassari e provare a darvi l’immagine – a volte sbagliando – di cosa ci piace e cosa detestiamo. Non per il puro piacere della critica, ma solo perché un punto di vista, riteniamo, sia sempre necessario. Ci sono tanti modi per provare dolore. Ci sono diversi modi per ricordare. Ci sono altrettanti modi per indignarsi. Ma c’è un solo modo di piangere, ed è puramente fisico. Anche se potremmo aspettare per giorni lo sgorgare di una lacrima, lo stiamo già facendo. Ecco perché tra le tante parole usate per ricordare Andrea Blasina ci piacciono gli echi di una chiacchierata fatta a Monticchiello nei primi giorni di questo millennio. Andrea era sereno e sorridente, ma con quell’aria adombrata di chi insegue continuamente i suoi pensieri e viene tormentato dai classici greci in aiuto all’elucubrare informazioni. Si parlava di insegnamento, si parlava di un piccolo miracolo, di tanti liceali che si erano incontrati, in quei giorni speciali, per confrontarsi fraternamente su un palcoscenico. Cosa li spinge al teatro, chiedevo ad Andrea in un assolato dopopranzo in compagnia. C’era Alessandro Fo con noi, figlio di quel Fulvio che avrei incontrato a Cagliari qualche anno dopo. Lo ammetto, accolgo accuse anche in forma di strali, sono uno che ama i toni retorici. Da una parte è il mio mestiere. Dall’altra ci sguazzo come acqua tiepida. Ma come si fa a rendere omaggio ad un essere speciale senza usare commozione e partecipazione nel ricordarlo? Mauro Piredda aveva un sacco di difetti, era un pasticcione. Sapevamo che prima o poi sarebbe morto. Ma di lui ricordiamo l’onestà intellettuale e quel giusto distacco dalle cose tristi che lo costringeva a prendere posizione, parteggiare, farsi amici veri sapendo quanto impegnativa e gradevole poteva essere la sua amicizia. Cosa dire, ultimo ma non ultimo in queste righe, di Leonardo Sole? A lui dedicheremo un ricordo apposito su queste pagine, quando saremo riusciti ad afferrare le parole giuste. Forse una sua poesia, forse meno di niente. Quel niente che avvertiamo nella sua mancanza e presenza costante. Cosa resta? Ci chiediamo…tutto. E qualcosa in più. Restiamo noi con la consapevolezza che siamo di meno e che continuiamo ad amare chi non c’è più. Eduardo diceva: chi muore dopo muore veramente. Portandosi appresso tutto. Anche chi se n’è andato prima. Mentre personalmente, in altri ambiti, ho detto – ma forse è meglio affermare “ho ripetuto” – che una persona muore veramente quando l’ultimo essere senziente e vivente si dimentica di quella persona. Non tanto distante, con grande immodestia, dal pensiero del Maestro De Filippo. Ciao Andrea, nei nostri silenzi il tuo attendere la giusta risposta per non apparire mai banale. Ciao Mauro, nella nostra forza la tua ironia e quel sorriso disarmante di chi sapeva perfettamente anche quando non aveva ragione. Ciao Nardo, chi fa Teatro a Sassari è tuo figlio, pochissimi esclusi. Ma quello non è Teatro. Continueremo a non aver ragione, continueremo a non tacere, pensandovi qui.
Luca Losito