Antoni Canu è uno dei più autorevoli poeti catalani viventi, merita un posto d’onore persino nell’autorevole Wikipedia, recensito da alcuni dei maggiori critici internazionali.
Si tratta di un ragazzino di ottantaquattro anni che sorride alla vita come se fosse la cosa più semplice e scontata possibile.
Nulla risulta più chiaro del suo sguardo rivolto alle stelle, nulla emoziona più del suo pudore pronto a rinfrangersi sulle parole di uno stile poetico asciutto, privo di fronzoli, essenziale, e perciò purissimo.
La sua poetica è fatta di parole semplici ma eterne, estrapolate dai suoi ricordi di ragazzo intento a dissodare un terreno per seminarvi chicchi di grano, oppure incurvato su quel piano orizzontale che da sempre sfama uomini e bestie, conducendoli verso reciproche affinità.
“Les mies mans” raccoglie ventotto liriche, scritte e pensate in lingua catalano-algherese, una delle numerose varianti linguistiche che convivono nel continente sardo, costituendo una delle tante ricchezze culturali che contribuiscono a rendere unica ed irriproducibile la nostra terra.
E’ nato a Ozieri, Antoni, e lì vi ha vissuto giusto il tempo di essere chiamato al suo destino, alla sua “necessaria catalanità”, pur senza per questo tradire le origini logudoresi.
“Le mie mani” racconta di un viaggio interiore alla ricerca di emozioni, reso fertile da un dialogo continuo con gli attrezzi dell’agricoltore, colui che svanga rime libere concimandole di una voce unica, corrosa dalla malinconia della sua unicità di poeta, di uomo innamorato della tradizione degli avi.
Ciò che non troverete in questa quarta produzione letteraria di Antoni Canu è la sorpresa fine a se stessa, come nemmeno la modernità in quanto passaporto per l’accettazione sociale. Qui si parla infatti di sentimenti antichi quanto la vita, si tratta la Natura nel suo comporsi ciclico ed ininterrotto, si argomenta di anima, di luce, di gioia.
Le parole sono incatenate a formare un canto ininterrotto che non viene disturbato nemmeno dalla punteggiatura, assente per precisa scelta in tutta la silloge, ma che non per questo crea nel lettore alcuna dissonanza o possibilità di errata interpretazione. Perché ogni componimento è un tormento che scaturisce direttamente dell’anima, fornendo la perfetta interpretazione della precaria condizione della specie umana quando viene spinto a contatto con la propria spiritualità. Ce lo descrive magistralmente lo stesso poeta quando parla del travaglio interiore che caratterizza la stesura delle sue rime, in un processo catartico lungo e doloroso, che lo porta ad interiorizzare ogni parola, ogni verso, fino a decretarne un finale sempre provvisorio.
Come del resto lo è la vita di ognuno di noi e la vita stessa su questo pianeta.
E’ per questa ragione che Antoni Canu ha impiegato un numero imprecisato di anni per offrire alle stampe la sua ultima fatica, dopo infinite cesure, alla ricerca di quella musicalità spirituale che la moderna civiltà spesso censura.
La notorietà dei versi del poeta è grande tra la comunità algherese, ma ancora superiore lo è oltremare lungo tutta la sponda catalana, in cui frequentemente egli viene invitato a declamare personalmente i suoi componimenti presso le sedi istituzionali della Generalitat o nelle principali Università, e per la quale comunità forte è il richiamo dei fratelli dell’enclave di Sardegna.
Tutto questo fa della poesia catalano-algherese di Antoni Canu un tesoro incalcolabile, sia dal punto di vista letterario non meno di quello puramente linguistico o antropologico, rivendicando l’appartenenza di fatto ad un mondo pronto ad abbattere le barriere territoriali, per approssimarsi ad un’idea più convincente di Europa di quanto non riescano a sentenziare i suoi burocrati nei loro algidi interventi.
Anche e soprattutto per questo ringraziamo Antoni per averci donato, grazie al suo nuovo viaggio, saggezza, musica e felicità.
Uno dei suoi massimi estimatori nonché amico personale, il celeberrimo scrittore italiano Mario Rigoni Stern, disse una volta di lui: “Antoni sarebbe in grado di scrivere una poesia in una scatola di cerini”, a riconoscere il non comune dono della sintesi insito nel suo stile, che lo rende, per l’appunto, “poeta delle emozioni”.
Proprio in questo si sintetizza l’essenza universale della sua poesia, lo strumento più potente a disposizione dell’uomo per liberare lo spirito delle parole dal vuoto scorrere del tempo, filtrando il superfluo al fine di estrarne pura essenza.
L’augurio è che, grazie ad una lettura partecipe delle sue rime, il lettore riesca a varcare i confini del fragile mondo delle mendaci promesse per posarsi su quello ben più reale della purezza d’animo.
“Les mies mans” di Antoni Canu, prefazione di Lucia Gaddo Zanovello, con traduzione in italiano a lato curata dallo stesso autore, si trova nelle principali librerie dell’isola e della Catalogna.
Andrea Deiana
Antoni Canu – Les Mies Mans – Edizioni Nemapress