Secondo una pseudoclassifica pubblicata da Twitter e lasciata rimbalzare in varie, variegate e a volte distorte forme, da ameni distributori d’informazioni, il territorio di Sassari sarebbe il più triste d’Italia. Così cinguetta Twitter.

Messi da parte gli istinti naturali di attacco e difesa all’inchiesta, priva comunque di ogni valore scientifico, vengono in mente due riflessioni.

La prima, immediata, è figlia dei tempi che corrono: una volta si diceva “l’ho letto sul giornale”, ora diciamo “l’ho visto su internet”. Superfluo ogni commento. La colpa, ancora una volta, di noi giornalisti che facciamo da eco e amplificatore a questo genere di balzane o quantomeno dubbie affermazioni.

La seconda deriva dall’analisi di quale tipo di studio è stato capace di lasciar scaturire una così feroce sentenza.

La classifica nazionale è stata pubblicata in un e-book realizzato da VFB (Voices from the Blogs) in collaborazione con Wired, analizzando più di quaranta milioni di tweet in undici mesi, per misurare lo stato d’animo e la contentezza della popolazione italiana attraverso l’indice iHappy.  Voices from the Blogs è un progetto di ricerca dell’Università di Milano che dal 2012 monitora quello che si dice e si discute in rete. Braccia rubate all’agricoltura.

«Ciò che rende unico l’indice iHappy di VfB – sono parole degli autori della ricerca – è il suo essere basato interamente sulle reazioni istantanee dei singoli individui agli avvenimenti che accadono nella vita di ciascuno e che possono incidere positivamente o meno sul proprio livello di felicità. Questi avvenimenti possono essere i più disparati: la nascita di un figlio, il litigio con la fidanzata, un compleanno da festeggiare, una bella giornata di sole, la vittoria della propria squadra del cuore, un furto subito, una passeggiata nel centro città».

I dati vengono poi registrati ed elaborati; da questi deriva la classifica del più felice e, di conseguenza, ahinoi, del più triste.

Ma a questi “scienziati” è sfuggito qualcosa, poiché la felicità non si può afferrare, non è un luogo dove vivere ma uno stato dell’animo. Durante il primo periodo del Reich si festeggiava tantissimo, tra l’aristocrazia e l’alta borghesia, ma di certo non si è trattato di un periodo felice.

Ma soprattutto: come misurare la felicità come percezione dei suoi abitanti tramite un social network? Questo potrebbe essere il titolo della ricerca: COME arrivare ai risultati, non già QUALI risultati. Perché se c’è un popolo cionfraiolo, sempre pronto a lamentarsi e a dire di essere il migliore o il peggiore a giorni alterni, quello è il sassarese, che fa autocritica ogni giorno e seppur nell’indolenza vorrebbe ogni giorno riformare e rifondare su nuovi presupposti la propria città.

Come dire che la città più criticata, autoironica e severa su se stessa sia anche quella più triste. Teorema, assioma e postulato tutti sbagliati.

La notizia è stata pubblicata on line a metà marzo anche su SassariNotizie a firma di Francesco Bellu, pronto alla citazione cinematografica ma questa volta incapace di parafrasare una sentenza; per questo, bonariamente, lo contestiamo: Sassari la città più triste? Non ci resta che riderne.

 

Luca Losito

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