Quando mi hanno detto che Giulio Andreotti era morto, qui a New York era già buio. Ancora buio, potreste obbiettare. Ho passato una notte molto tranquilla e ho sognato mia madre che da piccolo mi raccontava delle favole per farmi addormentare. Al risveglio mi sono ricordato che qualche volta mia mamma, per allungare il brodo, inventava parti delle favole condendole con nomi di personaggi altrettanto immaginifici. Per supplire alla fantasia, o forse per stanchezza a fine giornata, i nomi di quei personaggi erano gli stessi di tanta gente antipatica che lei conosceva, banditi della sua infanzia e, naturalmente, politici. Andreotti già c’era. Era un modo per esorcizzare quell’Italia che non le é mai piaciuta, quella degli intrallazzi e dei compromessi, fatta di quella stessa pastasciutta che qui mi fa solo vergognare delle mie origini. Badate, altre cose del Belpaese mi inorgogliscono, ma non la figura di Andreotti che attraversa la storia del novecento come un vampiro.
The Day After Andreotti qui era tutto altrettanto tranquillo. Ho letto un po’ di stampa italiana e ho voluto attendere qualche giorno prima di commentare su queste pagine. Leggevo celebri quotidiani italianissimi in un bar e mi sono scoperto a sussurrare i commenti che elogiavano la figura di Andreotti nella storia. Cosa ha fatto, cosa ha cambiato, chi era. Uomo di cultura, di spirito, di rara intelligenza…
La mia stessa voce, bassissima per non disturbare gli altri avventori, mi ricordava proprio quella di mia mamma che mi raccontava le favole.
Quasi incredibilmente mi stupivo come potesse tranquillizzarmi e affascinarmi quella lettura, quasi gioivo degli elogi a un senatore a vita – caso tipicamente italiano – dichiarato colluso con la mafia, e che serenamente sedeva in parlamento. Non si può accettare questo fatto col seppellimento, qui nessuno deve insabbiare la terribile presenza di un politico di vecchio stampo che può anche aver fatto qualcosa di buono, ma le cui colpe e responsabilità sono assolutamente insanabili.
L’unica cosa che condivido è che con la scomparsa di Andreotti si chiude una parte della storia d’Italia. Ma non è una di quelle storie bellissime che mia mamma mi raccontava da bambino.
Oratio Nelson Fletcher