Neil Simon visto da Stefano Artissunch
A PIEDI NUDI NEL PARCO è un testo del 1963 che ancora oggi brucia per la sua scottante attualità. In un mondo dove ci si sposa con leggerezza (tanto c’è sempre il divorzio riparatore), si fanno contratti pre-matrimoniali e alcune unioni appaiono sempre più strambe e mal assortite, il regista Stefano Artissunch ci ricorda, nella sua riscrittura, che il matrimonio e la convivenza non sono cose da sottovalutare. Ma forse l’esistenza stessa, il semplice fatto di essere al mondo, andrebbero presi con più spensieratezza. E se fosse tutto così facile lo spettacolo sarebbe solo divertente oppure teso. Ma come sempre c’è di più. C’è l’incapacità di comunicare che aleggia sulla storia e lo sforzo di stare al mondo ancora una volta con più leggerezza e vitalità. Certo, c’è tanto da ridere e sorridere, ma è sempre una risata amara e riflessiva, una difesa contro gli strali del tempo e degli eventi. Lasciarli perdere, per una volta, non è indice di superficialità; vivere non è difficile – afferma Battiato – potendo poi rinascere, un po’ di leggerezza e di stupidità. Cantare, gioire delle cose semplici, non aver paura di esser presi per matti se si ha voglia, la notte, di passeggiare a piedi nudi sull’erba bagnata, appunto.
La trama è tra le più semplici mai raccontate: Corie, giovane sposina, si trasferisce all’ultimo piano di un vecchio e malandato appartamento con il marito, l’avvocato Paul Bratten. I problemi sono tanti, dal riscaldamento al telefono, dagli spazi angusti al buco nel lucernaio dal quale, in una delle scene più romantiche e stranianti al tempo stesso, nevica sul divano del salone sul quale si è rifugiato Paul, sfrattato momentaneamente dal talamo nuziale. Ma Corie è entusiasta e felice, e quel posto per lei sembra una reggia. Due cuori e una capanna, si potrebbe dire, ma il cuore di Paul è differente, è serio e freddoloso. Il menage quotidiano rischia di diventare routine, e le differenze di carattere emergono cinicamente. Paul vuole scrivere la storia con fermezza e adagiarsi sulla quotidianità, Corie vuole passeggiare sopra il presente e lasciarsi trasportare dal vento caldo del Sud. Chi vincerà?
Le scene sono meravigliosamente condite da altri due attori di eccezione: Libero Sansavini dimostra che l’etichetta di caratterista che una parte di critica (non solo teatrale) gli ha affibbiato negli anni, gli sta molto stretta. Il suo Victor Velasco, il vicino impiccione ma simpatico, romantico e affascinante, è già nella storia del teatro italiano. La madre di Corie è Valeria Ciangottini, spassosissima e di una presenza talmente efficace che in qualche momento offusca parzialmente gli altri attori in scena.
Ma il tutto è un continuo inno alla vita che Stefano Artissunch (regista algherese ma ormai da anni trapiantato nella penisola) rende perfettamente nella doppia veste di regista e attore. Gaia De Laurentiis è credibile nel suo ruolo, è una fatina saltellante che porta immediatamente tutto il pubblico dalla sua parte, senza appoggiarsi sul testo ma anzi vivendo e agendo la scena a tutto tondo. Ricorderete che nel 1967 due giovanissimi e bellissimi Robert Redford e Jane Fonda furono i protagonisti cinematografici del testo di Simon, ciuffetto sui capelli a parte Artissunch e la De Laurentiis reggono l’inevitabile confronto e regalano una coppia credibile e spumeggiante. Piccola parte (ma non esistono piccole parti, solo piccoli attori e non è questo il caso) quella di uno strepitoso Federico Fioresi, che sarà pur stanco di essere sempre nominato per aver recitato al fianco di Nicolas Cage e Penelope Cruz nel “mandolino del Capitano Corelli” ma è la dimostrazione tangibile di un teatrante vivo, brillante e di raro talento.
Gaia De Laurentiis con questo spettacolo chiude anche definitivamente, stravincendola, una vecchia polemica con Gualtiero Pierce che la definì, ai tempi in cui conduceva Target (trasmissione premiatissima, tra l’altro), una specie di gommosa biondina cotonata in due dimensioni. Non ricordiamo la citazione esatta ma il senso era più o meno questo…
Sì, lo sappiamo, è antipatico parlar male di un critico che fa anche l’autore teatrale e lavora in tv; ma da uno che dieci anni fa aveva pronosticato che Luca & Paolo sarebbero spariti rapidamente dalla tv nazionale che altro ci si può aspettare?
Tantissimi applausi meritati, e Stefano Artissunch si permette anche qualche parola alla platea, per salutare la sua terra nell’ultima replica di questo fortunato e riuscito spettacolo. Una cosa che, personalmente, abbiamo apprezzato.
Luca Losito