Andrea Deiana è nato a sua insaputa a Cagliari e molti amici rigorosamente sassaresi ancora non glielo perdonano. Accadde mezzo secolo fa e ciò dovrebbe servire a considerare prescritta la cosa. Andrea tifa la Torrese e va matto per ciogga e faba a ribisari, che consuma in trattorie tipiche che evitiamo di citare per non essere citati per incitazione all’incitamento. Di se stesso dice: “Mi mantengo facendo l’informatore scientifico spacciando prevalentemente insulina. La mia vera esistenza consiste invece di svariate passioni, tra le quali prediligo qualsiasi forma d’espressione artistica comprese le barzellette sconce (ogni riferimento a qualsiasi personaggio perseguitato dalla giustizia è volutamente casuale)”.

Deiana ha persino acquisito di recente una laurea in scienza della comunicazione e giornalismo che serve soltanto ad accomunarlo ai giovani disoccupati colleghi di corso. Ha scritto per quattro anni come opinionista per Il “Giornale di Sardegna” su uno spazio denominato “Scripta manent” , sfiorando più volte la querela sebbene fosse sempre speranzoso nell’indulto. E aggiunge: “Ho scelto di non diventare giornalista pubblicista e di non iscrivermi al relativo albo professionale perché credo che il medioevo delle corporazioni debba finire anche in Italia, prima o poi”.

Ha scritto due sceneggiature cinematografiche, un numero inimmaginabile di poesie e di racconti, diversi testi di canzoni che non ritrova più ed anzi approfitta di queste righe per fare un appello senza promettere alcuna lauta ricompensa. Ha appena terminato la revisione del suo primo romanzo inedito: anche questo non parla d’amore e conta di lasciarlo orfano dei tanti altri postumi che seguiranno.

Qualche volta prova persino a recitare, soprattutto quando Luca ha il sadismo di mettere alla prova il suo incosciente dilettantismo. Ha fatto il chierichetto, ma era talmente incosciente da non aver subito alcun atto di pedofilia. O almeno così crede. Attende anch’egli l’avvento di un Paese migliore. Come tutti. Purtroppo.

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