Prendendo spunto da un divertentissimo post che immaginava le vicissitudini di due terroristi a Napoli, ho provato a immaginarmi come andrebbe se due terroristi venissero nella mia città; ecco quindi la cronaca della permanenza di due terroristi a Sassari:
Ore 7:45
I due arrivano finalmente all’aeroporto di Alghero, reduci dalle seguenti tratte: Salonicco – Bruxelles, Bruxelles – Milano, Milano- Alghero. Tutto ovviamente con Ryanair.
Cercano spasmodicamente un pullman, una navetta per raggiungere Sassari, ma non trovano nulla. Gli dicono che il pullman dell’ARST (Azienda Regionale Sarda Trasporti) è partito pochi minuti prima del loro arrivo. Che quello aspetta solo i passeggeri dei voli Alitalia, quelli delle low cost si devono arrangiare. Il prossimo pullman è fra dodici ore. Forse.
Ore 8:00
Con un pizzico di sconforto, decidono di incamminarsi a piedi verso Alghero, la città più vicina. Da lì prenderanno un treno per Sassari; cercano invano di fare l’autostop lungo il cammino, ma nessuno si ferma. Arrivati finalmente all’ingresso della città cercano un bar dove prendere un tè.
Ma è domenica, e in periferia è tutto chiuso. Gli unici bar aperti sono in centro, a mezz’oretta di cammino: ma ci sono già 35 gradi e i nostri desistono in partenza e vanno verso la stazione.
Ore 9:30
Dopo una lunga attesa, finalmente partono con la littorina a gasolio che collega Alghero a Sassari: 30 chilometri in appena 50 minuti. I due muoiono di fame ma cercano di non pensarci. Hanno un obiettivo ben più importante delle loro necessità terrene del momento.
Ore 9:55
Arriva il controllore. Chiede ai nostri eroi il biglietto.
Gli rispondono che non ce l’hanno; che l’avrebbero fatto volentieri, ma che era tutto chiuso; si rendono disponibili ad acquistarlo a bordo, pagando anche un sovrapprezzo, se necessario.
Il controllore non sente ragioni, e con il tono di un vecchio inacidito di fronte a un cantiere in ritardo, sbotta dicendo che “avrebbero dovuto organizzarsi prima”, che “non si viaggia a sbafo” e che “se tutti facessero cosi’ saremmo allo sfascio”. Fa scendere di peso i due nella ridente stazione di Molafà, località deserta in mezzo alle campagne. Il treno riprende la sua corsa mentre i nostri, distrutti, meditano di proseguire a piedi, seguendo i binari.
Ore 11:30
Dopo un infinito girovagare per campagne deserte, domus de janas, cave di tufo, uliveti e circoli di bridge per poiane e cinghiali, i nostri vedono la città in lontananza.
Ore 11:40
La città è deserta. I bar ovviamente sono tutti chiusi.
Imboccato Corso Vittorio Emanuele, il loro unico incontro è con un disperato che chiede loro una piccola elemosina: << A ne hai monetine che ti rompono? Ajò, cazz, due euro ti sto chiedendo, mica la pensione gazz…>>
Al secco rifiuto dei due il questuante se ne va stizzito, sputando per terra ed esclamando,: <<Quello è più pulito di voi!>>
Ore 12:00
I nostri arrivano in Piazza d’Italia. Vedono una piazza bellissima illuminata dal sole, piena di signori seduti ai tavolini e di bimbi che giocano. Sorridono beffardi. Dunque c’è qualcuno, in questa città.
Sotto i portici Crispo vengono bloccati rispettivamente da:
Amnesty International;
Cooperativa Lautari per aiutare le vittime della droga;
Save the Children;
Testimoni di Geova;
Mormoni;
Emergency;
Unicef;
Il barbone di prima che, non riconoscendoli, gli fa le stesse identiche domande e sputa nuovamente per terra.
Si fermano al tavolino di un bar per fare, finalmente, colazione.
Prendono due caffè. Le brioches sono finite. I tramezzini, pure.
Ore 12:30
D’un tratto la piazza si svuota improvvisamente. Nel giro di pochissimi secondi tutti, piccioni compresi, si volatilizzano. I due temono di essere stati scoperti, e invece no. E’ semplicemente ora di pranzo.
Ore 12:45
I due cercano disperatamente un posto in cui pranzare. Approdano, quasi per caso, alla trattoria “Zia Forica”, cucina tipica. Varcano la soglia e vengono messi a sedere su una panca e un tavolaccio di legno. Stanno per chiedere alla cameriera quali pietanze siano senza maiale, quando vengono interrotti dalla cameriera stessa che dice <<Ah, mì, qua si mangia quello che c’è. Menù non ne abbiamo. Oggi abbiamo favette, melanzane alla sassarese, culurgiones, maialetto arrosto, pecorino arrosto, nervetti e seadas. Vi porto un assaggio di tutto con un po’ di Cannonau di Jerzu della casa>>.
La cameriera posa il vino sul tavolo. I due guardano la caraffa.
Ore 13:00
I due guardano la caraffa.
Ore 13:10
I due continuano a guardare la caraffa.
Ore 13:15
-Credo sia vino, quello.
Ore 13:20
-Si. Credo anch’io.
Ore 13:25
-Dici che ci farà male? E’ contro il nostro credo.
-E’ pur vero che stiamo dando la nostra vita per ciò in cui crediamo. Vedrai che Allah capirà.
In quel momento passa la cameriera:
-Ajòòò, non state ancora bevendo? Boh boh! – e versa abbondante vino nei bicchieri dei due.
- Dai che è un vino leggero, è dell’anno scorso, è praticamente un novello!
Diciassette gradi all’ombra.
I due bevono.
Ore 14:00
Finito il pranzo, i due non riescono a muovere un muscolo.
Optano per una passeggiata digestiva. Chiedono ai passanti dove sia il mare (che dista una decina di chilometri) e tutti gli danno indicazioni diverse, ridendo sotto i baffi. Si ritrovano nella zona industriale, piena di centri commerciali e negozi cinesi.
Ore 16:00
Con un autobus risalgono verso il centro. Passano di fronte al palazzo del Comune, obiettivo importante per un possibile attentato. Cercano di entrare ma vengono fermati dall’usciere. Gli viene detto che non si può, che è un momento difficile, la giunta è in crisi, i cittadini sono scontenti, il sindaco deve ancora digerire il buffet dei Candelieri. Niente visite fino a nuovo ordine. Però se volete c’è una mostra di Caravaggio, qui accanto.
Ore 16:15
I due si ritrovano di fronte al portone della sala che accoglieva la mostra. “Accoglieva”, appunto, perchè è finita da settimane. Ma l’usciere non lo sapeva.
Ore 16:18
E se andassimo in un cinema?, chiede uno all’altro.
-Non ci sono cinema, replica ridendo l’usciere, mentre li guarda con compassione.
Ore 16:30
I due entrano nella bellissima cattedrale di San Nicola: sperano, vedendo qualche immagine sacra delle nostre, di sentirsi rinvigoriti e nuovamente motivati; l’aver trovato una città deserta e pigra li ha affranti.
Ma anche qui, niente da fare; le signore delle pulizie non gli permettono di avvicinarsi neanche lontanamente all’altare:
-“Cess, ma non lo vedi che è bagnato in terra! Boh! Cazz, guà… tutte le orme stai lasciando!”
Ore 17:30
Dopo un vagare per i vicoli del centro storico, decidono di concedersi una pausa mangiando della fainè; pochi minuti dopo crampi inenarrabili attaccano gli stomaci di entrambi. Presi dal panico, vanno alla disperata ricerca di un bagno pubblico: non c’è. Si rifugiano di corsa dentro il circolo “Forza Torres” e puntano direttamente al bagno. Espletati i loro bisogni, escono dal bagno e vanno verso l’uscita. Dal bancone la voce del barman, Gavino “TiFozzuMari” Sanna li richiama:
-Ebbè, cos’è, non si consuma?
I due fanno finta di non capire e, intimoriti, continuano ad andare verso l’uscita.
Ecco riversarsi su di loro parte della curva sud, che li saccagna di botte e di insulti, e li caccia fuori a calci dal locale trattandoli come se fossero di Selargius.
Ore 18:45
Ormai è buio. I nostri eroi sono distrutti, pesti, i crampi allo stomaco non gli sono ancora passati. Come se non bastasse, in giro non si vede ancora nessuno.
Cominciano a camminare senza meta.
Ore 24:00
Dopo ore di cammino, i nostri raggiungono, senza volerlo, Porto Torres: vedono finalmente il mare.
-E’ un segno di Allah, dice uno.
-Un chiaro, chiarissimo segno di Allah, dice l’altro.
E decidono, all’unanimità, di tornare in Siria via mare, salendo su una barchetta improvvisata.
Ripromettendosi che mai, mai più cercheranno di venire a farsi saltare in aria da noi.
Non ne vale la pena.
E la fainè, francamente, non è poi tutto questo granchè.
Michele Vargiu