C’è un racconto del premio Nobel Günter Grass il cui protagonista è una paglietta.
Un cappello di paglia che segna le classi sociali, il passaggio di un’epoca, la differenza di genere.
Il cappello sorvola la storia, saluta alcuni fatti epocali, vive il presente e accoglie la quotidianità.
La paglietta viene dimenticata su una panchina, ritrovata alla stazione, saluta la partenza di un transatlantico, viene tolta per il primo bacio, indossata con orgoglio tra studenti, esibita al caffè, celebrata in riti personali, raccoglie il sole e la pioggia, finché un giorno viene sostituita da un elmo da soldato.
Ci sono passaggi nella storia del presente che avvengono quasi sottovoce, a labbra socchiuse e occhi distratti.
Sassari (e il suo centro storico in particolare) è un luogo permeato dalla storia, tra profumi e civiltà anche minime, dove ognuno ha sempre tentato di ribadire la propria sovranità dentro le mura. Oggi, senza consapevolezza, stiamo assistendo alla presa del Castello con la maleducazione e l’arroganza di pochi bulli senza cultura e senza storia.
Dopo le infinite risse, le provocazioni nei confronti dei passanti, le offese agli anziani, questa volta tre ragazzi annoiati hanno deciso di provare a dar fuoco ai capelli di una bambina e poi ad una vecchia suora.
Quando la notizia mi ha raggiunto non sono rimasto particolarmente stupito. Sapevo delle bombolette usate come lanciafiamme, ho assistito a tante risse, ho visto giovani con i guantoni da pugile sfidarsi dentro un cerchio di adolescenti miseramente eccitati, ho telefonato al 113 decine di volte.
Ora leggo che è stata organizzata una manifestazione per “pulire” queste strade, per ribadire la presenza della società civile dentro la Sassari che amiamo. Ho letto i commenti a favore e quelli che invocano scelte politiche – certamente necessarie – per scongiurare il peggio. Ricordo che quando vivevo a Bologna il permissivismo di un’amministrazione a me molto vicina portò alle risse, poi alle aggressioni, infine agli stupri. Violenze perpetrate in quegli spazi che una volta erano luoghi di aggregazione della società borghese e degli allegri proletari: di fronte a un bicchiere di Sangiovese e qualche fetta di mortadella si era tutti amici e compagni.
Ho riflettuto. Io sto con quelli che impugneranno il manico della scopa; per far capire che Sassari non può essere consegnata ai frutti di quei genitori che hanno abdicato il proprio ruolo. Sassari non può delegare alla scuola l’educazione che le famiglie non sono state capace di dare. Spero questo non generi provocazioni, ma un segnale distinto, chiaro, tangibile, è quantomai necessario.
O faremo la fine di quella paglietta di Grass, dimenticata sopra un armadio; perché dopo aver indossato un elmo militare il passo successivo è impugnare un’arma.
Luca Losito