L’attualità del PRI e l’abolizione delle Province
In democrazia chi ha la maggioranza governa il Paese. Non è detto però che chi ha la maggioranza abbia sempre ragione. Più di una volta il tempo ha dimostrato che era la minoranza ad avere più di una ragione!
Questa mia massima ben si adatta alla riflessione che oggi presento, condita da qualche accenno della storia del Partito Repubblicano Italiano. Il PRI ha governato per tantissimi anni il nostro Paese in coalizione con altri partiti (DC-PSI-PSDI-PLI). Solo in poche occasioni, purtroppo, le proposte del Pri sono diventate Leggi dello Stato (vedi Leggi Reale, Visentini, Mammì, ecc). Non voglio annoiare i miei tre lettori sui buoni o cattivi governi del passato, penso però che fare delle riflessioni critiche su come siamo stati governati, sia utile per cercare di non ripetere in futuro gli stessi errori.
L’occasione per una prima riflessione mi viene data dall’approvazione della legge sull’abolizione delle province. Il dibattito fra le forze politiche è ancora molto vivace su questo tema, e credo si farà ancor più aspro e duro nell’immediato futuro, soprattutto a ridosso delle elezioni. Ritengo che l’opinione pubblica ami molto la legge sull’abolizione delle province perché questa, finalmente, inizia a riguardare tagli di politici e ai politici.
E l’opinione pubblica ascrive a Matteo Renzi l’idea e il merito di aver condotto all’approvazione di questa legge. Forse non tutti sanno che… non è così. Diamo a Cesare quel che è di Cesare ma… no! Non a Matteo Renzi!
Renzi può avere il merito di averla portata all’attenzione del parlamento, ma quell’idea non gli appartiene!
Amo ricordare che il disegno di legge per l’abolizione delle province fu presentato dal Pri nientepopòdimenoche 40 anni fa! Era, appunto, il 1974. Per alcuni giovani lettori che in questo momento non ricordano chi governasse il Paese nel periodo in cui fu presentata la legge, c’era il IV governo Rumor e il Pri era al governo con due repubblicani: Ugo La Malfa, (Ministro del Tesoro) e Pietro Bucalossi (Ministro della Ricerca Scientifica).
Nel novembre del ’74 poi, (IV Governo Moro, bicolore DC-PRI), Ugo La Malfa fu nominato da Aldo Moro Vice Presidente del Consiglio. Nel 1979, a 75 anni La Malfa moriva per una emorragia cerebrale lasciando l’Italia divisa in due, quella del Nord che si stava affacciando all’Europa e quella del Sud che stava “scivolando” verso l’Africa.
Molti si resero conto del vuoto che lasciò Ugo La Malfa solo dopo la sua scomparsa. Quella Cassandra era davvero preveggente… aveva quasi sempre ragione. Il nomignolo di Cassandra era stato attribuito a La Malfa, con affettuosa ironia, dai colleghi di partito, per i suoi inascoltati ammonimenti di eventi negativi che poi sarebbero puntualmente accaduti! Vi furono decine di altre preveggenze e proposte inascoltate da parte dei governanti di allora, sia quando il PRI era al governo sia quando era all’opposizione. Molte di quelle proposte di legge, se adottate, avrebbero reso l’Italia più civile ed economicamente più avanti. La mancata scelta delle fonti energetiche proposte dal Pri rese, e continua a rendere, meno competitive le imprese italiane rispetto a quelle europee. Moltissime sono state costrette a chiudere o a licenziare migliaia di operai, soprattutto per il costo dell’energia elettrica, superiore del 30%, rispetto a quello di altre imprese europee.
E così l’idea di abolire le province e di riscrivere il sistema del decentramento provinciale, che portano un nome e un cognome: Ugo La Malfa! Un’idea repubblicana! Una battaglia repubblicana come lo fu quella per un federalismo fondato sulle libertà secondo il modello statunitense e, più vicino a noi, secondo gli insegnamenti di Cattaneo.
Il vero e primo beneficio, dopo l’abolizione delle province, è rappresentato dalla rimozione di un livello di burocrazia che vale, e rende di più, del miliardo di spesa effettivamente risparmiato. Questo risparmio non è certamente da sottovalutare, fosse stato fatto nel 1974 oggi avremmo da parte oltre 40 miliardi.
Per il momento l’ultimo DDL ha scongiurato l’elezione di circa 4000 consiglieri provinciali con notevole risparmio delle loro indennità da parte dello Stato e della non organizzazione delle elezioni provinciali. Non è poco.
Una prima risposta, fra tante possibili, ai detrattori della Legge e a tutti coloro che ritengono che con questa riforma le spese aumenteranno. I consigli provinciali e delle città metropolitane non saranno più eletti dai cittadini, ma dai consiglieri comunali che svolgeranno il compito in modo gratuito. Ma prima, non è una novità, bisogna mettere mano alla Costituzione, riformare il titolo V che da vent’anni non fa altro che impegnare la Corte Costituzionale in un continuo contenzioso Stato-Regioni. Concludo con l’augurio che il nuovo Governo Renzi abbia successo e riesca a fare quelle riforme che da più di trent’anni i precedenti governi avevano in mente di fare e che non sono riusciti a fare. Teniamo d’occhio il Governo di Matteo Renzi, ma per ora lasciamolo lavorare!
Giuseppe Losito