Serve forse un passepartout?

La RAI ha chiuso Passepartout, l’unica trasmissione che poteva con diritto vantare l’aggettivo CULTURALE. La porta non è stata sbattuta, ma chiusa pianissimo, con un meccanismo collaudato e ben oliato da più generazioni,  e che continua a non produrre alcun rumore. Una porta chiusa alle spalle non di chi da sempre ha il mazzo di chiavi ed esce, ma di chi è rimasto dentro a lavorare e neanche se n’è accorto. I dirigenti hanno fatto scattare la serratura con due mandate. La prima, quella tradizionale, è stata l’annunciare la semplice interruzione della produzione. La seconda era stata preparata da tempo: infatti, mentre Philippe Daverio e la sua redazione venivano incoraggiati dal direttore di RaiTre, Paolo Ruffini, a immaginare e creare e fare, lo stesso Ruffini preparava la fuga. Nello stesso momento in cui spronava e strigliava i suoi cavalli migliori, egli stesso si stava già vendendo al nuovo migliore offerente per poi trasferirsi nella stalla di La7.

Un taglio alla cultura è sempre un danno incalcolabile. Perché nessuno può esattamente valutare quale ricaduta avrà sulle nuove generazioni la mancanza, il distacco e l’assenza dall’unica cosa che dovrebbe farci diversi dalle bestie. Oppure dovremmo ammettere di esserlo, se non bestie quanto meno bestiali. E allora ben vengano le stalle, (un ex mattatoio sarebbe perfetto), purché riscaldate e dove mai ci manchi il nutrimento. Sarà facile allora passarci a fianco e non udire alcun verso. Tantomeno di protesta.

 

Luca Losito

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