Avevamo invocato, sperato e addirittura sognato una maggiore calviniana leggerezza sulla scena teatrale. E siamo stati accontentati, a rischio di sfiorare la superficialità e la banalità illustrate. Niente di tutto questo riguarda il primo storico appuntamento della rassegna teatrale organizzata dalla CEDAC al nuovo teatro comunale di Sassari.
The Underwater Bubble Show, (che da qui in poi chiamaremo TUBS per semplicità), è un insieme disordinato e disparato di numeri di giocoleria, illusionismo, effetti speciali e tante bolle di sapone che ha raccolto un grandissimo successo un po’ dappertutto nel mondo. Il tutto commentato solamente da musiche di scena. C’è da dire che lo spettacolo nel suo insieme tradisce non poco le aspettative, enunciate in una dichiarazione d’intenti prima dell’aprirsi del sipario da un invisibile ma microfonato presentatore: vedrete tante creature del mondo sottomarino – dice – potete fotografarle ma non usate il flash, potreste disturbarle. Ad essere investiti dai flash, dalle luci laser, dal fumo, dalle bolle e dalla schiuma che fiocca come neve, sono stati invece gli spettatori. Una vera e propria immersione subacquea che oltre a rompere la quarta parete la usa come tramite tra due mondi apparentemente così distanti. Ci si attendeva un affascinante viaggio nell’universo sottomarino ma in questo coinvolgente spettacolo non c’è racconto, non c’è gioco, non c’è comunicazione. In poche parole non si tratta di teatro ma di puro e passivo intrattenimento, forse un astratto e superficiale omaggio alle arti circensi. Ma niente di più, purtroppo. Perché gli interpreti sono convincenti e deliziosamente romantici. Ma non basta.
Sia chiaro, TUBS ha almeno tre pregi evidentissimi. Il primo è dimostrare ancora una volta che si può fare il circo anche senza gli animali, cosa che le Cirque Du Soleil – al quale forse ingiustamente ed eccessivamente è stato paragonato TUBS – porta avanti da anni. In secondo luogo ci ricorda che è possibile divertirsi con poco e che tornare al semplice non sempre è così disastroso. Ma allora – ci si chiede – a cosa servono i laser, i proiettori, gli effetti speciali? Però ci siamo divertiti. Tutto qua, dicono i sassaresi doc a fine serata. Certamente, divertimento innegabile.
Ma soprattutto, ed è questo l’unico legame col teatro, quello vero, ricordarci quanto sia attuale la metafora shakespeariana VITA/PALCOSCENICO, di quanto tutto sia effimero, sul palco come nella vita. E quanto i sogni, anche quelli più meravigliosi, possano svanire. Come una bolla di sapone.
Il progetto TUBS è nato dalla sinergia dei performer ed illusionisti Enrico e Dace Pezzoli, dal bubble artist Marco Zoppi e dalla compagnia lettone di acrobati e ballerini “Circus”. Punto.
Ma una parte del pubblico sassarese ha buona memoria. E chi frequenta la rassegna del Teatro Ferroviario ricorda senza dubbio AQUARIUM, spettacolo del Laboratorio Teatro Settimo di Torino, che Roberta Biagiarelli, Lilli Valcepina e Andrea Violato portarono in scena senza laser, senza bolle, senza fumo, senza fronzoli, senza proiettori, senza presunzione, senza utilizzare una sola goccia d’acqua. La storia racconta di tre bambini soli in casa e uno sgabuzzino pieno di ramazze, stracci e tanti altri oggetti comuni dove giace dimenticata una grossa conchiglia. Da lì fu una successione di granchi, murene, aragoste, razze, balene, seppie, narvali, stelle marine e plancton, quest’ultimo nutrimento vitale di molte specie che vivono nel mare.
Il nutrimento degli attori a fine spettacolo sono invece gli applausi, che non sono mancati, specie nel gran finale con palloni trasparenti di circa due metri di diametro lanciati in mezzo alla platea. Tanto divertimento ma niente storia, niente racconto, niente teatro.
Luca Losito